sabato 23 luglio 2016

ANGELA SI SENTIVA IN UNA BOTTE DI FERRO

Appunto. Lei aveva fatto le sua cose per benino. Aveva tenuto in gran conto tutti i preziosi insegnamenti di zio Helmut, anzi li aveva applicati come un vangelo al suo modo di fare la cancelliera.
"Ascoltami bene, Mädchen, per prima cosa non fare mai niente contro i russi né contro gli americani. Stai sempre in equilibrio tra Mosca e Whashington. Con la NATO non ti fare mai mettere in mezzo, cioè quando ti chiederanno di mandare nostri soldati a combattere tu rispondi che la costituzione della Bundesrepublik vieta ai tedeschi di mandare soldati fuori dai nostri territori. Loro insisteranno e tu gli mandi vagonate di Marchi. Le azioni militari all'estero costano un occhio e se tu gli mandi i nostri buoni marchi vedrai che si accontenteranno. Tienti buoni i turchi perché qui da noi ce ne stanno a milioni."
Angela avava fatto tutto a puntino, mica come quel fesso di Sarkosi che aveva attaccato la Libia senza dir niente a nessuno; che aveva mandato aerei a bombardare in Afganistan, in Iraq; mica come quell'altro bamboccio di Holland che gli aerei li aveva mandati a bombardare la Siria e guarda tu quello che stava a succedere in Francia da gennaio del 2015, un attentato dietro l'altro. Angela aveva mandato medici ed infermieri della Croce Rossa in Afganistan, due Tornados a fare fotografie in Iraq, nemmeno quelli in Siria e dalla Libia aveva tenute die Finger weg. E guarda qua che situazione idillica che si era venuta a stabilire in Germania, nemmeno un attentato, nemmeno uno.
E poi i suoi rapporti personali con Erdogan, vuoi mettere. Glielo aveva detto in un orecchio l'ultima volta che si erano incontrati, che sapeva che lui stava trafficando con quelli dell'ISIS ma che lei non avrebbe fatto niente. E perché poi? Si chiama Realpolitik, gliel'aveva insegnata anche quella zio Helmut. E poi andava bene anche ad Obama, quindi non si rischiava proprio nulla.
Stava addirittura programmando tutti i dettagli delle sua vacanze, quando un ragazzino di 17 anni in un treno di Würzburg aveva accoltellato gente a casaccio gridando quella frase ormai celeberrima "Allah Akkbar". Ma quello era un ragazzino infagottato di idee strane, liebe Kanzelerin, le aveva assicurato il capo della Polizia e quello dei servizi segreti aveva annuito in silenzio.
E adesso? Chi sono questi che sparacchiano e ammazzano cristiani a München? Come si permettono di guastare il clima beatamente tranquillo di questa nostra bella nazione?
Doveva immediatamente rintracciare al telefono zio Helmut. Lui l'avrebbe saputa istruire come sempre. Si era chiusa nella sua stanza e non mi risulta che ne sia ancora uscita.





lunedì 18 luglio 2016

SENTITE QUESTA.

Questa ve la devo proprio raccontare per farvi capire cosa significa BUROCRAZIA in tedesco.
Due giorni fa il mio portatile comincia a fare tutti i casini possibili e immaginabili: mi passa internet, cioè GOOGLE, me lo ritoglie, mi fa una pernacchia e si spegne. Lo riaccendo e vedo che il Welan non funziona. Attacco il cavo diretto e il mio portatile mi fa una nuova pernacchia.
Dico: è andato a puttane il portatile. Maledetto DELL Inspiron 17 del beatissimo cazzo.
Poi penso che è il Reuter, quello che distribuisce tutto e lo stacco e riattacco e lui dopo cinque minuti è di nuovo a posto, ma mi fa il terzo pernacchione. Allora metto nella custodia il mio portatile e corro da mia nipote in Francia. Lo attacco al suo Reuter, lei ci mette dentro la password e il computer funziona che è una meraviglia.
Ma vatti a far fottere.
Rientro a sera e penso che adesso sia tutto a posto.
Invece a posto è la minghiazza du pupu.
Mi incazzo veramente ma data l'ora tarda direbbe Marzullo me ne vado a letto e au matin ci riprovo. Nunca mal. Paio di preferite bestemmione e tu lassù scendi dal letto pelandrone.
Insomma mi riduco a carta velina. Scrivo un whats app a mia nipote, che mi consiglia, bontà sua di andare a rompere le balle a Vodafone, che da quando ha assorbito Kabel Deutschland non ne azzecca più una buona.
Faccio il fatidico numero. Mi passano di qua e di là come fossi la bambola di Simonetta Strambelli. Finalmente una signorina mi risponde e realizzato che sono proprio io -nome, cognome, data di nascita e codice del cliente cioè il mio- mi dice:
"Ma lei non ha pagato l'ultima bolletta e noi glielo abbiamo staccato".
"Guardi che io le bollette le ho pagate tutte, una addirettura due volte e ancora aspetto i 32,50 euro di ritorno"
"No, l'ultima non l'ha pagata, o meglio l'ha pagata ma decurtandola di 3,91 euro"
"Quei 3,91 euro li avevate già incassati il mese prima"
"No. Erano altri."
"Non mi starà dicendo che avete interrotto internet dopo 15 anni a un cliente senza avvisarlo, senza inviare un sollecito di pagamento"
"Il Manung (sollecito di pagamento) sarebbe costato quasi quanto l'importo"
"Così ve ne siete altamente fregati. E a me chi lo diceva come stavano le cose? Stavo per andare a far riparare a mie spese il computer e quelli gli davano una guardata per poi dirmi che era a posto e spillarmi 50 euro come minimo"
"Avrebbe dovuto subito telefonare a noi e glielo avremmo detto"

Ho riattaccato. Sono andato nella mia Banca ed ho fatto il versamento.
Non vi lamentate della burocrazia italiana. Sono tutte chiaviche. Il sinonimo di burocrazia è IMBECILLITÀ.
Ho telefonato subito dopo dicendo alla nuova che mi è capitata a tiro che avevo pagato l'ingente importo e che PRETENDEVO immediatamente il riallaccio della rete altrimenti domani mattina alle 08,00 sarei stato dall'avvocato.
Formula magica in Deutschland.
Come vedete funziona tutto.
E tutto sto gran casino per tre euro e novantun centesimi.

Tanto per chiarire io pago da oltre 15 anni circa 600 euro all'anno per il flat completo.

mercoledì 13 luglio 2016

LA TUA BICI È NUOVA DI ZECCA


La tua bici è nuova di zecca
e di gran marca, costa una cifra,
non dobbiamo mai
lasciarla nel cortile di notte.
Quando ritorni dai tuoi giri
alla sera, tu mi chiami, io scendo
e la riporto giù in cantina.
Una bella faticaccia e poi domani
di nuovo un'altra per riportarla su,
ma ogni volta tu mi sorridi
e a me questo basta.

Ti lamenti perché devi andare
sempre da sola, ma io
non ho l'equilibrio che tu hai, non sono
mai riuscito a dare due pedalate
seduto su quel trespolo,
nemmeno da moccioso.

In macchina a duecento vado in cima
al pianeta; quando hai paura tu io mi sento
un leone. Occorrono queste differenze
tra noi, altrimenti ci annoiamo.

Oggi sei uscita col sole ma prevedeva
pioggia. Sfido gli dei, hai detto, ma dopo
mezzora è arrivato un nubifragio.
Ritorna giù tutta insieme l'acqua 
evaporata dal grande fiume
in tanti giorni di calura.

Sono salito sulla Meriva e sono venuto
a cercarti. Sapevo dove trovarti:
lungo la stradina dei campi di grano
sotto il cavalcavia dell'autostrada.

Una felice intuizione: ha piovuto altre tre ore.
Portellone posteriore alzato a tutta
la tua bici di marca infilata dentro
di traverso e via di nuovo a casa.

Domani dovremo tornare di nuovo a lavare l'Opel
se non piove, solo se non piove:
mai fidarsi del tempo di questa estate matta.


Maximiliansau, luglio 2016

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domenica 10 luglio 2016

NON SONO STATO BAMBINO

Non sono stato bambino 
quando lo erano gli altri;
senza sforzarmi troppo
lo sono diventato
giorno dopo giorno.

Fortunatamente adesso
so che morirò bambino
sognando il cielo.

Ho consumato scarpe, 
sdrucito pantaloni
scoloriti al sole
camminando lungo
un oscuro corridoio
mentre parlavo tra me e me
ad alta voce
per paura del buio
in perenne equilibrio
sui miei guai.

Io lo so, adesso 
io lo so: continuerò
a conversare con me
ogni momento libero,
reggendomi in equilibrio
su parole aritmiche,
mentre rimango in sintonia
col suono gutturale
della mia gola
chiusa negli Umlaute
di una lingua adottata,

e covertito in un vocabolo
resterò 
sepolto in una pagina polverosa.




Maximiliansau, luglio 2016


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venerdì 1 luglio 2016

ASKLEPIOS KLINIK KANDEL - SCHLAFLABOR - STATION B4

Tutto incomincia durante una notte di venti burrascosi di alcuni mesi fa, parecchi mesi fa, certamente oltre un anno fa, ma sempre di mesi si tratta. Il vento proveniente dalla Francia scuoteva gli alberi minacciando di portarseli via verso l'ignoto. Quel cuor di leone di AnnaMaria non riusciva a chiudere occhio. Fu allora che si accorse con orrore che io non solo ronfavo come un porcospino in calore, ma interrompevo di frequente la respirazione facendo pause eccezionalmente lunghe, le cosiddette apnee. Una dietro l'altra e lunghe tanto che lei iniziò a contare e, a suo dire, per alcune arrivava a più di quaranta.
Bueno, da quel momento fu immolata sull'altare famigliare la residua oasi di pace che mi era rimasta, quella notturna. AnnaMaria si adattò in fretta al ruolo di segugio andando a scandagliare nel profondo i miei itinerari notturni, come era adusa fare una quarantina di anni prima quando pensava ci fossero soffi limacciosi di cornificazione in giro, ipotizzando non a cavolozzo fritto che di notte le difese si allentino e le grandi verità vengano a galla.
Questa volta non di corna si trattava -che cosa può far più questo spavantapasseri, avrà pensato- ma da brava moglie doveva sorvegliare il suo capitale, da cui usciva il suo sostentamento quotidiano, nonché il braccio cui poggiarsi e lo scroto da scassare ogni momento, beata donna. 
E tutta notte, ogni notte, con l'acquisita precisione teutonica aggiunta alla tipica tenacia friulana, ricominciava la conta dei secondi di apnea e le gomitate sue sui fianchi miei per farmi assumere una posizione di alleggerimento e di non strombazzatura.
Sto rendendo l'idea oppure è troppo arzigogolato il linguaggio? 'Nzomma ronfavo e je rompevo le palle e a lei nun je riusciva de dormì. va bene mo? 
E tanto fece, tanto disse e tanto scojonò che alla fine per non sentirla più le promisi di fare qualcosa. Cosa? Qualunque cosa purché la facesse finita. 
Potenza della vita coniugale: un po' per rincoglionimento incipiente, un po' per assuefazione ad una presenza costante accanto a me da tenere buona -nun se sa mai che po succede- un po' per quieto vivere accettai di farmi visitare dal mio otorinolaringoiatra, che è spagnuolo -con la u nel mezzo- col quale scherzo in un misto di italo spanico da mandare in delirio. 
Lui mi affibbiò una macchinetta infernale, da appendere al collo prima di coricarmi, con un paio di sensori aggiunti e un mezzo tubicino di plastica da appoggiare dentro le narici. La macchinetta registrava tutto. Non so come ma riuscii a dormire per oltre quattro ore.
Risultato da fuga nel buio, alla ricerca di un rifugio ancora più buio. Sembra che io avessi una media di oltre 50 apnee all'ora, con puntate fino a 58 secondi, e un minimo di 17 secondi. Solo se dormivo supino, perché su un fianco nemmeno una, ma io dormivo il 90% del tempo per l'appunto supino. Nun te potevi da sbajà. Se fossi riuscito a dormire a bocca sotto, come facevo fino a oltre il compimento dei miei primi quaranta anni, non avrei avuto nessun problema, ma purtroppo non sono più in grado di stare a bocca sotto più di tre minuti.
Il mio specialista madrileno mi fornisce tutte le carte del suo computer e mi indirizza allo Schlaflabor della O.H.N. Klinik dello Stadtlische Krankenhaus di Karlsruhe. Telefono e mi danno un appuntamento per il 16 di giugno. Considerato che eravamo alla fine di aprile insomma stavo nei parametri italioti per intenderci.
Mentre ero al culmine della mia preparazione spirituale all'evento, il 15 giugno mi telefona qualcuno dalla Segreteria per informarmi che dovevamo spostare l'appuntamento di dieci giorni. Dico: e no, cazzo! Gli appuntamenti in Deutschland sono sacri e io vengo domani sera come pattuito. No possible, dobbiamo rimandare. Allora non se ne fa più niente e amen. Disdico tutto con AnnaMaria che ha le lacrime agli occhi. Ecco qui, così ti curi di te stesso e questo è il bene che mi vuoi e tutte quelle cose lì che le donne sanno tirare fuori quando vogliono ottenere qualcosa, e le ottengono perché noi, cari i miei signori, tira e molla siamo tutti dei gran pirla. Basterebbe dire NO, fatti i cavolacci tuoi. Invece si comincia a discutere, e qui già hai perso. Finale. OK! PIANTALA! Adesso telefono a Kandel e vediamo come va.
Kandel è una piccola città, carinissima, ma un vero buco e non puoi immaginare, ma proprio come puoi immaginare, che lì sia sorto il primo Schlaflabor di tutta la Germania, nato nel 1868, quando gli altri ospedali ancora non ce l'avevano nemmeno a Berlino o a Monaco di Baviera. E in questo paesotto di contadini invece sì. E che accoglienza!
Non mi fanno aspettare nemmeno un minuto e mi affidano a una Schwester che mi fa un sacco di domande e mi scova un appuntamento -mi dispiace sa, Herr Iacoponi, ma non si può prima- per il 19 settembre, perché io ad agosto sto in Italy. Ok, vada per il 19 settembre. Ma la Schwester scartabella ancora. Niente. Facciamo così, Herr Iacoponi, se prima che lei vada in ferie dovesse ritirarsi qualcuno io le telefono così la sistemiamo prima. Perfetto, dico ma penso che non succederà proprio niente.
Questo avveniva sabato 25 giugno. La mattina di lunedì 27 arriva una telefonata. Sul display c'è un numero che non conosco, ma il prefisso 07272 è quello di Kandel. Chi diavolo c'è a Kandel? C'è la Schwester Carolina che mi informa che questa sera è libero e se io volessi...e io voglio perché me lo ha detto con tono così gentile e non mi va di mandarla a quel paese. Allora venga per le 13 che facciamo l'ingresso e le iscrizioni, poi se vuole può restare oppure tornare alle 20,30.
Alle 13 entro nel Reparto e alle 13,30 sono fuori. Mi hanno fatto anche vedere dove dormirò la notte e tutto l'ambaradam che dovrò fare stasera. 
Penso a quella volta in Italia a Portogruaro, provincia di Venezia, Nord Italia, che per avere un medico al pronto soccorso per AnnaMaria cui era andata addosso una ciclista polacca, dovetti chiamare i carabinieri dopo tre ore di attesa. E i CC quasi arrestavano me per il casino che avevo montato su.
Morale alle 20,30 torno alla Stazione B4. Mi accompagna in camera una psicologa, che mi fa una anamnesi, estremamente gentile, ma mi stupirei del contrario: io sono un ospite gradito, come sta scritto nella lettera che mi dà con altre carte. Dopo 10 minuti se ne va con l'assicurazione che verrò visitato da un cardiologo. Chissà quando viene, mi interrogo. Dopo nemmeno un quarto d'ora, e qui la sorpresa: entra e mi saluta con un "Buona sera, signor Iacoponi", pronuncia nostrana, direi umbra e non mi sbaglio molto perché è di Sant Elpidio a mare, nelle Marche, posto meraviglioso dove io e AnnaMaria passammo una splendida estate negli anni settanta. Lui non era ancora nato, perché ha 31 anni ed è anche un gran bel ragazzo. Così mi visita e chiacchieriamo sulla situazione della Sanità italiana e del perché lui, che si è laureato a Padova con 110 e lode ed ha fatto con gli stessi risultati la specializzazione, se ne sia andato via: perché non aveva santi in Paradiso e da noi la meritocrazia è una parola etrusca pressoché fuori uso.
Prima delle nove arriva la Schwester della notte, una delle quattro in un reparto dove sono appena 12 "ospiti", che devono solamente dormire. o ronfare se volete, ma loro devono stare davanti agli schermi dei computer collegati...con cosa? E qui viene il bello. La Schwester mi comincia a riempire di sensori e di tubi colorati, rossi, blu e verdi, tutti collegati con un computerino che mi fissa con cinghie al petto. Se si stacca un filo lo sappiamo subito e viene qui una di noi a rimetterlo a posto; lei non si deve preoccupare di niente, dorma e si giri nel letto come meglio crede. Mi faccio un selfie e lo mando alla mia tribù per anticipar loro la faccia da cadavere che avrò quando sarà l'ora, ma difficilmente sarò così imbracato come un astronauta. Squilla il telefono interno ed è sempre la mia Schwester che mi dice di fare alcuni movimenti, colle pupille da destra a sinistra e coi piedi e con le mani e stringendo i denti. Ha controllato che tutto sia a posto e tutto funzioni. Dopodiché mi augura la buona notte. 
Col cavolozzo fritto! E come si dorme combinato come un marziano nello spazio? Fortuna che mi sono portato gli occhiali da vista e un paio di Diabolik, così mi metto a sedere sul letto con le gambe penzoloni fuori. Dopo cinque minuti arriva la mia Schwester. Vuole una pillolina per dormire, un the? Mai preso sta roba. Quanto tempo intende ancora leggere? Cinque minuti, perché? Perché può leggere anche più a lungo ma deve dirmelo che metto il computer in stand by. Oh mamma mia. No no, smetto subito. Non lo so quanto tempo ci metto ad addormentarmi. Me lo dice la mia Schwester al mattino dopo, alle cinque, quando mi viene a togliere l'imbracatura: 67 minuti ci ho messo, in cui mi sono continuamente mosso. Alle nove me ne vado col patto che tornerò alle 20,30 per il risultato.
C'è un'altra psicologa che mi ragguaglia sull'esito. Devo dormire su un fianco per tre mesi e cercare di vedere se nel frattempo mi ci abituo. Per ora devo metter qualcosa di solido sotto la schiena di lato per costringermi a rimanere di fianco durante il sonno, cosa che è possibile perché lo faccio da due notti e tutto fila liscio. Fra tre mesi tornerò per una notte, stesso ospedale, stessa Station la B4, stessa imbracatura, così vedono le differenze e se riesco a migliorare solo col sonno di fianco, altrimenti dovrò indossare una maschera notturna e rassomiglierò ad un vampiro.
Non so come funzioni in Italia ma non credo che abbiano tutto quello che qui si trova anche nei piccoli ospedali. So solamente che ringrazio Dio di avere avuto nel 1971 l'idea di venire a vivere in Germania. All'inizio stavo in gabbia, mi mancava tanto dell'Italia ma adesso so che qui ho l'assoluta tranquillità e la sicurezza di sopravvivenza e di assistenza GRATUITA, perché tutto quello che mi hanno fatto non mi è costato un centesimo. Se volessi potrei fare richiesta alla KrankenKasse per il rimborso del carburante speso per arrivare da Maximiliansau a Kandel e ritorno. Calcolerebbero un tanto a chilometro e la faccenda sarebbe risolta, ma non sono un accattone e insomma posso permettermi di buttare via 20 euro di diesel.
So che a tanti di voi non piacciono questi discorsi, ma io potrei dal basso della mia bassura contraddire parola per parola tutte le stronzate che racconta a Porta a Porta la ministra della Salute, l'esimia signora Lorenzini.
E ne avrei anche per quel cercopiteco di Renzi, e mi scusino i cercopitechi.




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