Giovedì 26 maggio, festa del Corpus Domini, vacanza nei Länder cattolici -Bayern, Bad Würtemberg e Rheiland Pfalz, dove risiedo io- e quindi in pratica ponte fino a lunedì per chi ancora fatica per arrivare alla pensione. Federico ulula e lancia anatemi perché lui al Call Center della sua Compagnia Assicurativa ci va per il festivo e anche domenica. Mica dice che gli entreranno in tasca settecento euro in più per queste due giornate. Va là che sei un bel dritto. Insomma si prevede Karlsruhe deserta, a disposizione dei vecchietti sbavazzanti et claudicanti. Io non claudico, non sbavazzo non mi ci mischio col vecchiume locale ma decidiamo io e la mia lei di andare a fare un'escursione nella Schwarzwald, la Foresta nera, che poi invece è verde scuro, tempo permettendo. Le previsioni sono: poco nuvoloso, niente vento, niente pioggia e tanto sole.
Apriamo gli occhi al mattino radioso...e invece piove, piove a dirotto fino a mezzogiorno, anche più ché oramai la gita è sfumata ed è inutile incazzarci, che poi mi incazzo solamente io, mentre lei non dice niente e si piazza sul divano col suo tablet.
Verso le due e mezza esplode il sole, finalmente, quello che scotta, ma è ora che scotti vivaddio, visto che finora aprile e maggio non ha fatto altro che piovere con un alternarsi di temperature estive ed invernali che fa schifo.
Nella Schwarzwald non si può più andare, troppo lontana e poi c'è un nero da quella parte che non mi piace proprio. Vabbè, rimaniamo qui, ma andiamo a farci una passeggiata sulla sponda Badenser del Vater Rhein, al di là del ponte. Così appena passate le tre pomeridiane metto le chiappe sulla macchina e si fanno sti tre o quattro chilometri fino al parcheggio sulla sponda sud del fiume. C'è pochissima gente, grazie a Dio. A me il troppo popolo, i mocciosi ruzzanti e i cani scacazzanti nell'erba fresca mi fanno venire pensieri da serial killer.
Ci sediamo nella solita panchina, vista ponte lato direzione Mannheim, Wiesbaden, Köln, Hamburg. Oggi è festivo e non potremo fare la nostra solita conta dei TIR, in media trecento ogni ora in una direzione, poi calcoliamo altri trecento in direzione opposta e fanno seicento. Occorre poco per calcolare in dodicimila al giorno, tenuto conto delle quattro ore di sosta obbligatorie, il numero dei TIR che circolano tutti i santi giorni e pensare che verosimilmente sto ponte del cacchio sta al limite massimo già adesso e forse succederà come quello di Wiesbaden che è stato rifatto di gran carriera perché scricchiolava di brutto. Non c'è la mafia nostrana a comandare, ma anche qui ci sono i cretini, perché sembra che con la pioggia crescano più velocemente e rigogliosi.
Ce ne stiamo quindi al sole, io e AnnaMaria, come le lucertole e il tempo passa ma nessuno di noi ha voglia di svellere le chiappe dalla comoda panchina. Magari mi sta venendo un po' di appetito, ma oggi è festa e toccherebbe a me cucinare, per cui restiamocene qui più a lungo che si può.
Verso le diciassette sento un rumore come di un elicottero. Penso ad una esercitazione della Feuerwehr, i pompieri. Spegnimento incendi boschivi, la chiamano. L'elicottero tiene appeso un gigantesco contenitore, che tuffa nel fiume: il contenitore si riempie d'acqua e poi l'elicottero si rialza e va a scaricare l'acqua in un'altra parte del fiume fingendo sia quella la zona dell'incendio. Bello a vedersi col naso all'insù quando sai che non sta succedendo proprio niente.
Questo però è un rumore diversissimo: non sono pale che ruotano, piuttosto un motore che gira al minimo e poi si impenna, starnutisce e si ingolfa, insomma boccheggia, a mio modesto parere. Sta arrivando da dietro le nostre spalle, ed è decisamente molto basso. Quando appare riconosco un Cessna. Ci passa sopra la testa e mi chiedo dove voglia andare.
"Ma non ti sembra troppo basso?", mi chiede AnnaMaria.
Di colpo cabra e vira verso il ponte.
"Ci va a sbattere", grida AnnaMaria "Ma chi è il solito suicida?"
"No, è in gravi difficoltà, ma il ponte lo sorvola, stai tranquilla", ma non ne sono tanto sicuro.
Ce la fa, ma poi si riabbassa di nuovo e davanti a lui adesso c'è Maximiliansau. Poi una distesa di campi quasi senza alberi. Penso che stia puntando in quella direzione, ma è maledettamente basso e il motore è agonizzante.
Non credo che passi più di un minuto, poi si sente un rumore sordo, come quando un camion alza il cassone e scarica un contenuto di cocci e di bottiglie sulla strada, un rumore che mette i brividi. Un attimo dopo oltre gli alberi si alza un pennacchio di fumo: il Cessna è arrivato. Siamo già balzati in piedi non so da quanto tempo. Il pavido uccellino che ho accanto mi si aggrappa ad un braccio, ma non pigola, non piange, solo è terrea in volto, esangue. Penso alla mia faccia come la possa vedere lei e le stringo la mano. Altro non posso fare.
Sirene da ogni parte. Sul ponte già arrivano da Knillingen, quartiere di Karlsruhe più vicino al fiume, le prime autobotti. A Maximiliansau, proprio vicino casa nostra, c'è la centrale dei Pompieri volontari, la Freiwillige Feuerwehr, altri ne arriveranno da Wörth. Per ora è tutta una sirena. Strano, non mi ero accorto che stavamo correndo verso la nostra macchina, eppure di questi tempi non è che io corra quasi mai, tantomeno lei, ma là c'è casa nostra e c'è la casa di nostra figlia Stefania. La paura è grossa.
Imbocco lo stradone che porta al ponte infilandomi dietro un'ambulanza dei pompieri. Tira a mille e io dietro e chi se ne frega della multa se passo il ponte a più di 100 orari.
La prima uscita è la nostra, sempre dietro il Rettungswagen. Quando arrivo alla rotonda all'ingresso del paese vedo subito che dalla parte di mia figlia non si alza fumo. Almeno questa è andata. Ma il Rettungswagen imbocca la strada a destra, quella che porta "anche" a casa nostra. Ho le budella rattrappite e sento lei che si lamenta, anzi no, sta pregando. Io non so farlo ma mi sto cacando sotto. Uno strano presentimento, strano per me che sono un inguaribile ottimista, ma questa volta ho la schiena ghiacciata. Il fumo è davanti a noi un mezzo chilometro, sulla sinistra esattamente nella direzione di casa nostra.
Una traversa prima della nostra due macchine della Polizei bloccano la strada. Siamo in tanti, ma loro non si lasciano commuovere. Purtroppo la Römerstrasse, come tutte le altre strade di questo quartiere periferico, è messa a pettine: una serie di strade con una sola entrata e senza uscita, perché qui la gente di notte vuole dormire e di giorno vuole che circolino solamente gli Einwohner, gli abitanti del luogo, perché tutti devono conoscere tutti e non si vogliono vedere facce strane in circolazione. Ci metto un attimo a prendere una decisione: manovro e torno indietro.
"Passo davanti alla nostra vecchia casa", dico a mia moglie. "Lì pianto la macchina e ce la facciamo a piedi".
"Pensi che sia da noi?"
"Non penso niente. Tu prega."
Lascio la macchina in un parcheggio libero, ma ho già visto due poliziotti all'imbocco della strada che ho intenzione di fare. Non mi piace, non mi piace proprio per niente.
Ci bloccano. Vietato passare devono aver detto, o qualcosa del genere. Ma non li sto a sentire. Adesso guardo davanti a me e la vedo benissimo la nostra casa circa duecento metri da dove mi trovo, a due piani, quattro appartamenti, due a nord e due a sud, l'unica color rosa e con la scala centrale non laterale come quelle vicine. Sento il grido strozzato di AnnaMaria. L'ha visto anche lei da dove esce il fumo nero: esce dalla parete nord, per essere esatti dalla finestra in alto della parete, per essere ancora più esatti esce attraverso i rottami del Cessna infilato dentro la finestra. Quello è l'appartamento accanto al nostro, quello di Frau Eberle, quella mezza matta che a cinquantatré anni va sempre in giro in minigonna, che noi chiamiamo La vispa Teresa. Ma è una bravissima persona. Vive con la figlia più piccola, Evi, di ventidue anni. Vive o viveva? Mi rendo conto con raccapriccio che mi è passata per la mente questa orribile idea.
"Noi abitiamo lì dentro", farfuglio al poliziotto, mentre la collega si sta prendendo cura di AnnaMaria.
"Resta tu- dice al collega- io accompagno la signora".
Mi è venuto il fiatone e non ho fatto che poche decine di metri. Ho il cuore cha va come il motore di una Kawasaki. Ad ogni passo aumenta la puzza di bruciato: lamiere bruciate, legno bruciato, mattoni bruciati, piante bruciate, vestiti bruciati. Anche carne umana bruciata? Un pensiero veloce all'asma di AnnaMaria. Non credo che resisterebbe due ore avvolta da questa puzza acre e caldissima.
Man mano che ci avviciniamo aumenta il guazzo per terra e dappertutto. I pompieri di ogni parte di mondo una volta in azione sono come i bambini quando li lasci da soli in piscina: frullano acqua cantando e ballando. Olialà olialò e giù barili e botti e spacca tu che spacco anch'io, infatti intorno a casa è tutto un cumulo di oggetti o residuati di oggetti che una volta servivano a qualcosa, mentre adesso servono solo ad affilare le ascie dei pompieroni nostrani.
Gli Einwohner, i nostri vicini, ci guardano come fossimo fantasmi. Gott sei Dank che non eravate in casa, mormora una vecchietta. Già, ma la mia casa c'è ancora? E che fine ha fatto Frau Eberle? Finalmente la vedo la nostra vispa Teresa, seduta sul muretto del giardino della casa di fronte semicircondata da vecchie e meno vecchie. Qualcune le accarezza la testa, altre le parlano e le parlano, ma non so se lei stia ascoltando. Sempre in minigonna, ma stavolta dà un'impressione tragica e non comica.
Mi ha visto anche lei. Si alza di colpo e mi butta le braccia al collo, poi fa altrettanto con AnnaMaria. Non si capisce se piangano o ridano.
"Dov'è Evi?" mi sento che le chiedo.
"Da sua sorella a Berlino, per fortuna. È entrato proprio in camera sua."
"L'ha chiamata? L'ha avvisata. Stasera al Tagesschau danno la notizia di sicuro."
"Come la chiamo? Non ho più niente. Il cellulare era in casa. Adesso sarà distrutto."
"Senta, Frau Eberle...". Non so nemmeno cosa voglio dirle.
"Ascolta, che nome hai? Come ti chiami?"
"Amalia"
Un nome italiano, ma guarda tu che scoperta proprio adesso.
"Puoi usare il mio, o quello di AnnaMaria, ma devi telefonarle che stai bene, altrimenti le viene un colpo a tutte e due."
"Non trovo più Emu. Dove sta Emu? Chi l'ha vista?"
È la sua micia.
"Non dirmi che proprio oggi era in casa. Sta sempre in giro."
"Con tutta questa gente sarà scappata dalla paura, sempre che sia ancora viva"
"Sind Sie Herr Iacoponi?"
Il comandante dei pompieri mi sta davanti a gambe larghe. Un omaccione che mi sovrasta di tutta la testa.
"Ich bin's"
"Salga a controllare con i suoi occhi"
"Voglio venire anche io" mormora AnnaMaria.
"Non se ne parla proprio. Non riusciresti a tirare due respiri uno dietro l'altro"
Saliamo. L'acqua scende lungo gli scalini come un torrente in piena. A metà dell'ultima scala e sul pianerottolo è pieno dei pezzi della porta dell'appartamento di Frau Eberle. La mia porta è spalancata, ma non vedo segni di forzatura, né dei colpi delle asce.
"Come avete fatto ad aprire senza le chiavi?"
Il comandante mi dà un'occhiata che sa di compatimento.
"La porta della vicina è volata via per l'esplosione, non siamo stati noi. La sua l'abbiamo aperta con un passpartout"
Ovvio, un passpartout. Potevo risparmiarmela la figura del troglodita.
Dentro, a parte la puzza orribile e penetrante di fumo e di distruzione. mi sembra tutto in ordine. Sembra che il comandante abbia intuito il mio ragionamento.
"Guardi in alto. C'è una crepa lungo tutta la parete di comunicazione con l'altro appartamento, proprio sotto il soffitto"
L'ho vista adesso, e ho visto i quadri caduti per terra. I vetri sono a pezzi, due su tre.
"L'appartamento è inagibile. Tutta la casa deve essere risanata"
"E quanto durerà?"
"Quello che occorre. Lo stabiliranno gli ingegneri del Bauabteilung del Comune. Voi andrete in albergo. Per le spese pensa a tutto il Comune di Wörth, poi si fanno risarcire dall'Assicurazione dell'aereo."
"Dio che razza di casino! Non so nemmeno quello che posso prendere"
"Prendi quello che vi occorre per questa notte, a te e ad AnnaMaria, Vincens; domani torni con calma"
È comparsa all'improvviso, minuta ma decisiva come sempre, Frau Else S. l'ultima mia conquilina della vecchia casa, Kripobeamtin, un'ufficiale della Polizia criminale di Karlsruhe.
"Si è sparsa in fretta la notizia, come vedo"
"Siamo stati i primi a saperlo, noi della nostra Sezione"
"Che Sezione sei adesso"
"Una molto importante: antiterrorismo"
"Vuoi dire che voi pensate che si tratti di un attentato?"
"Perché no? Non capita tutti i giorni che un aereo ti entri in casa"
"Ma non è scoppiato, e poi qui non c'era niente."
"C'era gente no? Per questi qui tutto diventa un obiettivo. Mai abbassare la guardia. Comunque noi stiamo qui per verificare."
"Ascolta Else, forse è meglio che non dici che nell'altra casa è scoppiata una tubatura dell'acqua, altrimenti qualcuno potrebbe pensare che io porti sfiga"
Si fa una risata.
"Dimentichi che è scoppiata a casa mia, sarei matta a parlarne. Adesso però prendi l'occorrente per questa notte, poi domani con calma e senza tutta questa gente tra i piedi vieni a prenderti quello che ti occorre. Magari un po' al giorno. Qui ce ne sarà per almeno un mese."
"Devo andare a chiedere ad AnnaMaria dove i trova la sua roba. Lei sa tutto, ma io non so quasi niente"
"Come tutti gli uomini, vai vai"
Mentre scendo vedo salire dalla cantina dei pompieri infilati dentro tute di gomma che arrivano fino al petto, come quella dei pescatori di torrente. Butto giù un'occhiata e vedo con orrore che è pieno di acqua sporca fino al quarto gradino della scala che porta nelle cantine: almeno ottanta centimetri di acqua sporca.
"Che è successo laggiù? C'è acqua?" chiedo ad uno dei pompieri così inguainati.
"Lo vede lei stesso"
"E la roba dentro le cantine?"
Spalanca le braccia.
Oddio. Tutti i cappotti invernali, e le scarpe, e cento e mille altre cose. Chi glielo dice adesso ad AnnaMaria?
Un pensiero mi lacera il cervello: i miei quadri!
Le tele sono tutte nella soffitta di Federico. Qui tengo due cartoni con dentro tutte le tempere, gli acquarelli e gli acrilici su cartoncino e su carta speciale. Quasi un centinaio di lavori, alcuni vecchi di quaranta anni, di cui non posseggo nemmeno una fotografia. Erano tutti e due poggiati a terra. Non voglio nemmeno pensare a quello che sia successo.
Non dico niente ad AnnaMaria di questa mia ultima scoperta. Mi faccio dire cosa pensa le occorra e poi torno su a procurami quello che mi ha detto.
È sbucato il primo cittadino di Maximiliansau. Ci fa la predica per dirci che da questo momento le nostre quattro famiglie sono sotto la personale protezione sua e dei suoi collaboratori. Ci sono per noi riservate quattro camere matrimoniali nella Gasthaus "Vater Rhein", l'albergo più lussuoso della zona. Vitto gratis fino a che non rientreremo in possesso dei nostri Wohnungen. Tutte belle, bellissime cose. Organizzazione alla tedesca, quindi dettagliata e perfetta. Non resta che aspettare che ingegneri, maestranze ed operai di una Baustelle comunale ci rimettano a posto le nostre case.
Torniamo a piedi alla nostra macchina tirandoci dietro Amalia Eberle, che si volta da ogni parte cercando la sua micia. All'albergo ci stanno aspettando come se fossimo i profughi da un'alluvione. Ecco la nostra Lampedusa, penso. Non mancano nemmeno i fotografi ed un paio di giornalisti, per ora. Gli altri verranno in massa. Arriverà anche la TV statale, la ARD o la ZDF, se non tutte e due e poi la RTL, che di questi casini vive.
La stanza è bella grande ed il letto morbido come dico io. È già qualcosa. Ci mostrano l'angolo dove hanno organizzato due grandi tavoli avvicinati come per una festa di famiglia. Che idea, però. Ma va bene così, tanto tra vicini siamo sempre andati d'amore e d'accordo.
Con la scusa di andare a prendermi il portatile scappo di nuovo via. Voglio vedere quando avranno prosciugato l'enorme guazzo quello che ne è stato dei miei quadri.
È arrivata un'autobotte enorme, che quasi non entra nel cortile. C'è una pompa in funzione che con due grossi tubi sta aspirando l'acqua delle cantine. Il rumore è assordante, ma sembra che funzioni. In un paio d'ore le cantine sono sgombre d'acqua.
Ritirano i due tubi e mentre l'autobotte si allontana comincio a vedere uscir fuori pompieri con quel che resta del contenuto della cantine: macerie sgocciolanti liquido putrefatto. Ce n'è per tutti i gusti ma io sto aspettando due scatoloni. Escono due giovan pompieri ridendo. Lì per lì non si capisce bene cosa stiano reggendo apparentemente con una certa fatica. Si dirigono verso l'angolo dove hanno ammucchiato la roba inservibile, che non si potrà più recuperare. Buttano quel che stanno reggendo, due contenitori e allora li vedo comparire finalmente i miei quadri, o meglio ciò che ne resta: una poltiglia putrida e maleodorante.
Quelli sono i miei quadri, i miei lavori migliori, la mia gioventù, la mia vita...
mi accorgo che sto gridando con le lacrime agli occhi...
i miei quadri...
i miei quadri...
i miei quadri...
qualcosa mi soffoca, qualcosa mi batte con forza sul petto, sempre più forte e qualcuno mi sta parlando...mi sta gridando qualcosa...
ma cosa?
"Che hai? Stai male? Ti manca il respiro? E smettila di urlare ché sveglierai tutti"
C'è il viso di AnnaMaria vicino al mio. Mi parla, mi scuote. C'è una luce accesa, è quella dell'abajour sul suo comodino. Siamo a letto, ma non è il lettone della stanza della Gasthaus, è il nostro letto.
"Siamo tornati a casa?" le chiedo.
"Che dici? Tornati? Non ce ne siamo mai andati."
"Dov'è Amalia adesso?"
"E chi sarebbe questa Amalia?"
"Frau Eberle"
"Non si chiama Amalia, si chiama Gerda tanto per dire. È andata in vacanza, non ti ricordi che ci ha dato le chiavi perché dobbiamo occuparci di Emu, farla uscire al mattino e darle da mangiare e da bere?"
"Non è successo niente nel suo appartamento?"
"Ma cosa hai sognato?
Sì, è chiaro che ho sognato. Un incubo altro che un sogno. Ma mi alzo con la scusa di andare al gabinetto. Controllo intanto i miei tre quadri appesi sulla parete interna, sono intatti; nessuna crepa lungo il soffitto, niente puzza di fumo. È stato un brutto sogno.
Me ne torno a letto.
"Mi dici cosa hai sognato?"
"Domattina ti racconto il sogno. Adesso dormiamo"
*****
Se qualcuno dei miei amici lettori è stato preso da un attacco d'ansia vuol dire che sono stato bravino io a creare la giusta atmosfera di suspence. Ha contribuito la mia decisione di starmene un paio di giorni senza scrivere nessun commento, assente insomma, ma dovevo rendere credibile il racconto perché ci fosse la suspence. Mi scuso con tutti ma certe cose o si fanno bene o non si fanno affatto.
Insomma, vi è piaciuto oppure no?
Una traversa prima della nostra due macchine della Polizei bloccano la strada. Siamo in tanti, ma loro non si lasciano commuovere. Purtroppo la Römerstrasse, come tutte le altre strade di questo quartiere periferico, è messa a pettine: una serie di strade con una sola entrata e senza uscita, perché qui la gente di notte vuole dormire e di giorno vuole che circolino solamente gli Einwohner, gli abitanti del luogo, perché tutti devono conoscere tutti e non si vogliono vedere facce strane in circolazione. Ci metto un attimo a prendere una decisione: manovro e torno indietro.
"Passo davanti alla nostra vecchia casa", dico a mia moglie. "Lì pianto la macchina e ce la facciamo a piedi".
"Pensi che sia da noi?"
"Non penso niente. Tu prega."
Lascio la macchina in un parcheggio libero, ma ho già visto due poliziotti all'imbocco della strada che ho intenzione di fare. Non mi piace, non mi piace proprio per niente.
Ci bloccano. Vietato passare devono aver detto, o qualcosa del genere. Ma non li sto a sentire. Adesso guardo davanti a me e la vedo benissimo la nostra casa circa duecento metri da dove mi trovo, a due piani, quattro appartamenti, due a nord e due a sud, l'unica color rosa e con la scala centrale non laterale come quelle vicine. Sento il grido strozzato di AnnaMaria. L'ha visto anche lei da dove esce il fumo nero: esce dalla parete nord, per essere esatti dalla finestra in alto della parete, per essere ancora più esatti esce attraverso i rottami del Cessna infilato dentro la finestra. Quello è l'appartamento accanto al nostro, quello di Frau Eberle, quella mezza matta che a cinquantatré anni va sempre in giro in minigonna, che noi chiamiamo La vispa Teresa. Ma è una bravissima persona. Vive con la figlia più piccola, Evi, di ventidue anni. Vive o viveva? Mi rendo conto con raccapriccio che mi è passata per la mente questa orribile idea.
"Noi abitiamo lì dentro", farfuglio al poliziotto, mentre la collega si sta prendendo cura di AnnaMaria.
"Resta tu- dice al collega- io accompagno la signora".
Mi è venuto il fiatone e non ho fatto che poche decine di metri. Ho il cuore cha va come il motore di una Kawasaki. Ad ogni passo aumenta la puzza di bruciato: lamiere bruciate, legno bruciato, mattoni bruciati, piante bruciate, vestiti bruciati. Anche carne umana bruciata? Un pensiero veloce all'asma di AnnaMaria. Non credo che resisterebbe due ore avvolta da questa puzza acre e caldissima.
Man mano che ci avviciniamo aumenta il guazzo per terra e dappertutto. I pompieri di ogni parte di mondo una volta in azione sono come i bambini quando li lasci da soli in piscina: frullano acqua cantando e ballando. Olialà olialò e giù barili e botti e spacca tu che spacco anch'io, infatti intorno a casa è tutto un cumulo di oggetti o residuati di oggetti che una volta servivano a qualcosa, mentre adesso servono solo ad affilare le ascie dei pompieroni nostrani.
Gli Einwohner, i nostri vicini, ci guardano come fossimo fantasmi. Gott sei Dank che non eravate in casa, mormora una vecchietta. Già, ma la mia casa c'è ancora? E che fine ha fatto Frau Eberle? Finalmente la vedo la nostra vispa Teresa, seduta sul muretto del giardino della casa di fronte semicircondata da vecchie e meno vecchie. Qualcune le accarezza la testa, altre le parlano e le parlano, ma non so se lei stia ascoltando. Sempre in minigonna, ma stavolta dà un'impressione tragica e non comica.
Mi ha visto anche lei. Si alza di colpo e mi butta le braccia al collo, poi fa altrettanto con AnnaMaria. Non si capisce se piangano o ridano.
"Dov'è Evi?" mi sento che le chiedo.
"Da sua sorella a Berlino, per fortuna. È entrato proprio in camera sua."
"L'ha chiamata? L'ha avvisata. Stasera al Tagesschau danno la notizia di sicuro."
"Come la chiamo? Non ho più niente. Il cellulare era in casa. Adesso sarà distrutto."
"Senta, Frau Eberle...". Non so nemmeno cosa voglio dirle.
"Ascolta, che nome hai? Come ti chiami?"
"Amalia"
Un nome italiano, ma guarda tu che scoperta proprio adesso.
"Puoi usare il mio, o quello di AnnaMaria, ma devi telefonarle che stai bene, altrimenti le viene un colpo a tutte e due."
"Non trovo più Emu. Dove sta Emu? Chi l'ha vista?"
È la sua micia.
"Non dirmi che proprio oggi era in casa. Sta sempre in giro."
"Con tutta questa gente sarà scappata dalla paura, sempre che sia ancora viva"
"Sind Sie Herr Iacoponi?"
Il comandante dei pompieri mi sta davanti a gambe larghe. Un omaccione che mi sovrasta di tutta la testa.
"Ich bin's"
"Salga a controllare con i suoi occhi"
"Voglio venire anche io" mormora AnnaMaria.
"Non se ne parla proprio. Non riusciresti a tirare due respiri uno dietro l'altro"
Saliamo. L'acqua scende lungo gli scalini come un torrente in piena. A metà dell'ultima scala e sul pianerottolo è pieno dei pezzi della porta dell'appartamento di Frau Eberle. La mia porta è spalancata, ma non vedo segni di forzatura, né dei colpi delle asce.
"Come avete fatto ad aprire senza le chiavi?"
Il comandante mi dà un'occhiata che sa di compatimento.
"La porta della vicina è volata via per l'esplosione, non siamo stati noi. La sua l'abbiamo aperta con un passpartout"
Ovvio, un passpartout. Potevo risparmiarmela la figura del troglodita.
Dentro, a parte la puzza orribile e penetrante di fumo e di distruzione. mi sembra tutto in ordine. Sembra che il comandante abbia intuito il mio ragionamento.
"Guardi in alto. C'è una crepa lungo tutta la parete di comunicazione con l'altro appartamento, proprio sotto il soffitto"
L'ho vista adesso, e ho visto i quadri caduti per terra. I vetri sono a pezzi, due su tre.
"L'appartamento è inagibile. Tutta la casa deve essere risanata"
"E quanto durerà?"
"Quello che occorre. Lo stabiliranno gli ingegneri del Bauabteilung del Comune. Voi andrete in albergo. Per le spese pensa a tutto il Comune di Wörth, poi si fanno risarcire dall'Assicurazione dell'aereo."
"Dio che razza di casino! Non so nemmeno quello che posso prendere"
"Prendi quello che vi occorre per questa notte, a te e ad AnnaMaria, Vincens; domani torni con calma"
È comparsa all'improvviso, minuta ma decisiva come sempre, Frau Else S. l'ultima mia conquilina della vecchia casa, Kripobeamtin, un'ufficiale della Polizia criminale di Karlsruhe.
"Si è sparsa in fretta la notizia, come vedo"
"Siamo stati i primi a saperlo, noi della nostra Sezione"
"Che Sezione sei adesso"
"Una molto importante: antiterrorismo"
"Vuoi dire che voi pensate che si tratti di un attentato?"
"Perché no? Non capita tutti i giorni che un aereo ti entri in casa"
"Ma non è scoppiato, e poi qui non c'era niente."
"C'era gente no? Per questi qui tutto diventa un obiettivo. Mai abbassare la guardia. Comunque noi stiamo qui per verificare."
"Ascolta Else, forse è meglio che non dici che nell'altra casa è scoppiata una tubatura dell'acqua, altrimenti qualcuno potrebbe pensare che io porti sfiga"
Si fa una risata.
"Dimentichi che è scoppiata a casa mia, sarei matta a parlarne. Adesso però prendi l'occorrente per questa notte, poi domani con calma e senza tutta questa gente tra i piedi vieni a prenderti quello che ti occorre. Magari un po' al giorno. Qui ce ne sarà per almeno un mese."
"Devo andare a chiedere ad AnnaMaria dove i trova la sua roba. Lei sa tutto, ma io non so quasi niente"
"Come tutti gli uomini, vai vai"
Mentre scendo vedo salire dalla cantina dei pompieri infilati dentro tute di gomma che arrivano fino al petto, come quella dei pescatori di torrente. Butto giù un'occhiata e vedo con orrore che è pieno di acqua sporca fino al quarto gradino della scala che porta nelle cantine: almeno ottanta centimetri di acqua sporca.
"Che è successo laggiù? C'è acqua?" chiedo ad uno dei pompieri così inguainati.
"Lo vede lei stesso"
"E la roba dentro le cantine?"
Spalanca le braccia.
Oddio. Tutti i cappotti invernali, e le scarpe, e cento e mille altre cose. Chi glielo dice adesso ad AnnaMaria?
Un pensiero mi lacera il cervello: i miei quadri!
Le tele sono tutte nella soffitta di Federico. Qui tengo due cartoni con dentro tutte le tempere, gli acquarelli e gli acrilici su cartoncino e su carta speciale. Quasi un centinaio di lavori, alcuni vecchi di quaranta anni, di cui non posseggo nemmeno una fotografia. Erano tutti e due poggiati a terra. Non voglio nemmeno pensare a quello che sia successo.
Non dico niente ad AnnaMaria di questa mia ultima scoperta. Mi faccio dire cosa pensa le occorra e poi torno su a procurami quello che mi ha detto.
È sbucato il primo cittadino di Maximiliansau. Ci fa la predica per dirci che da questo momento le nostre quattro famiglie sono sotto la personale protezione sua e dei suoi collaboratori. Ci sono per noi riservate quattro camere matrimoniali nella Gasthaus "Vater Rhein", l'albergo più lussuoso della zona. Vitto gratis fino a che non rientreremo in possesso dei nostri Wohnungen. Tutte belle, bellissime cose. Organizzazione alla tedesca, quindi dettagliata e perfetta. Non resta che aspettare che ingegneri, maestranze ed operai di una Baustelle comunale ci rimettano a posto le nostre case.
Torniamo a piedi alla nostra macchina tirandoci dietro Amalia Eberle, che si volta da ogni parte cercando la sua micia. All'albergo ci stanno aspettando come se fossimo i profughi da un'alluvione. Ecco la nostra Lampedusa, penso. Non mancano nemmeno i fotografi ed un paio di giornalisti, per ora. Gli altri verranno in massa. Arriverà anche la TV statale, la ARD o la ZDF, se non tutte e due e poi la RTL, che di questi casini vive.
La stanza è bella grande ed il letto morbido come dico io. È già qualcosa. Ci mostrano l'angolo dove hanno organizzato due grandi tavoli avvicinati come per una festa di famiglia. Che idea, però. Ma va bene così, tanto tra vicini siamo sempre andati d'amore e d'accordo.
Con la scusa di andare a prendermi il portatile scappo di nuovo via. Voglio vedere quando avranno prosciugato l'enorme guazzo quello che ne è stato dei miei quadri.
È arrivata un'autobotte enorme, che quasi non entra nel cortile. C'è una pompa in funzione che con due grossi tubi sta aspirando l'acqua delle cantine. Il rumore è assordante, ma sembra che funzioni. In un paio d'ore le cantine sono sgombre d'acqua.
Ritirano i due tubi e mentre l'autobotte si allontana comincio a vedere uscir fuori pompieri con quel che resta del contenuto della cantine: macerie sgocciolanti liquido putrefatto. Ce n'è per tutti i gusti ma io sto aspettando due scatoloni. Escono due giovan pompieri ridendo. Lì per lì non si capisce bene cosa stiano reggendo apparentemente con una certa fatica. Si dirigono verso l'angolo dove hanno ammucchiato la roba inservibile, che non si potrà più recuperare. Buttano quel che stanno reggendo, due contenitori e allora li vedo comparire finalmente i miei quadri, o meglio ciò che ne resta: una poltiglia putrida e maleodorante.
Quelli sono i miei quadri, i miei lavori migliori, la mia gioventù, la mia vita...
mi accorgo che sto gridando con le lacrime agli occhi...
i miei quadri...
i miei quadri...
i miei quadri...
qualcosa mi soffoca, qualcosa mi batte con forza sul petto, sempre più forte e qualcuno mi sta parlando...mi sta gridando qualcosa...
ma cosa?
"Che hai? Stai male? Ti manca il respiro? E smettila di urlare ché sveglierai tutti"
C'è il viso di AnnaMaria vicino al mio. Mi parla, mi scuote. C'è una luce accesa, è quella dell'abajour sul suo comodino. Siamo a letto, ma non è il lettone della stanza della Gasthaus, è il nostro letto.
"Siamo tornati a casa?" le chiedo.
"Che dici? Tornati? Non ce ne siamo mai andati."
"Dov'è Amalia adesso?"
"E chi sarebbe questa Amalia?"
"Frau Eberle"
"Non si chiama Amalia, si chiama Gerda tanto per dire. È andata in vacanza, non ti ricordi che ci ha dato le chiavi perché dobbiamo occuparci di Emu, farla uscire al mattino e darle da mangiare e da bere?"
"Non è successo niente nel suo appartamento?"
"Ma cosa hai sognato?
Sì, è chiaro che ho sognato. Un incubo altro che un sogno. Ma mi alzo con la scusa di andare al gabinetto. Controllo intanto i miei tre quadri appesi sulla parete interna, sono intatti; nessuna crepa lungo il soffitto, niente puzza di fumo. È stato un brutto sogno.
Me ne torno a letto.
"Mi dici cosa hai sognato?"
"Domattina ti racconto il sogno. Adesso dormiamo"
*****
Se qualcuno dei miei amici lettori è stato preso da un attacco d'ansia vuol dire che sono stato bravino io a creare la giusta atmosfera di suspence. Ha contribuito la mia decisione di starmene un paio di giorni senza scrivere nessun commento, assente insomma, ma dovevo rendere credibile il racconto perché ci fosse la suspence. Mi scuso con tutti ma certe cose o si fanno bene o non si fanno affatto.
Insomma, vi è piaciuto oppure no?