giovedì 11 febbraio 2010

RICORDI CONGELATI

Ieri, in quello che è stato il giorno più freddo di questo inverno qui a Maximiliansau -9° a mezzogiorno, seguito da una notte dove il termometro è sceso a -16°, in casa mia non avevamo più acqua calda nè riscaldamento! Mentre la colonnina della cisterna del gasolio giù in cantina segnava la presenza di 2500 litri abbondanti in realtà non ce n'erano nemmeno 200. Risultato: il bruciatore ha succhiato aria e melma e si è miseramente fermato.
Di solito, quando succedono incidenti del genere, c'è un servizio di amergenza; ma non è casa mia e siamo soggetti alle lune, quasi sempre storte, di una padrona di casa acida e rinsecchita. Al telefono se l'è presa con me che non avevo controllato.
-Mi tuffavo nella cisterna, Frau Ferrer?
Non si è calmata, ma ha continuato a borbottare.
-Devo provvedere io stesso qui in loco?
-Provvedo io, oggi in giornata deve essere tutto a posto.
Quello che volevo sentirle dire. Ed è cominciata l'attesa del pronto intervento. Rincantucciati in un angolo del nostro enorme appartamento, che diventava di minuto in minuto più gelido, io e Annamaria abbiamo iniziato a tirar fuori il nostro equipaggiamento da giovani esploratori dei ghiacci polari: prima un maglione girocollo, poi un pullover sopra al girocollo, poi una sciarpa di lana, poi aspetta che mi sembra che le mutande felpate siano ancora nel baule. Quali? Le tue e le mie. Allora che aspetti ad andar di sotto a prenderle? Ma non sarà troppo? Tu valle a prendere poi vediamo.
Allora io volo giù nel vestibolo, dove sta il maledetto baule. Tiro fuori i mutandoni miei e le calze maglie felpate sue. Ci andavamo nelle nostre escursioni invernali in Cadore. Chissà se mi entrano più; a lei di sicuro, è rimasta come era allora, accidenti a lei, mentre a me guarda quà che bozzo mi è cresciuto sullo stomaco. Chi se ne frega, si tratta di due o tre ore e poi le buttiamo; stavolta li buttiamo 'sti stracci.
Ma dopo due minuti già volano via i pantaloni e gli stracci maledetti ancora riesco ad infilarli. Infilarli solamente, perché non si può chiudere il bottone che sta in vita. E dai! Basta stringere bene i pantaloni, non cascano mica le mutande se stanno dentro i calzoni. Ma poi dura poco.
E intanto l'intero pomeriggio se ne è andato. Mio figlio non c'è. Dovevano andare a Varsavia proprio oggi? Ieri era il tuo compleanno. Ho capito! Intendevo che potevano aspettare ancora un paio di giorni. Loro hanno un appartamento grande e ci hanno invitato così tante volte...Ma tu non sei voluto mai andare. E invece stavolta ci sarei andato, vedi un po`. Abbiamo altri due figli.
Ferma lì! A casa di Stefania non metto più piede, dopo l'ultima volta che pretendeva mi togliessi le scarpe fuori della porta. Sai quanto è pignola, e tu eri tutto inzaccherato di neve. Non ho le propelle sul sedere e quando cammino nella neve io mi inzacchero.
Non replica. Sa che è inutile.
Potremmo...
No! A casa di Federico, no! Ieri già hanno litigato per una stronzata lui e Sara; non voglio dargli un altro motivo di fare polemica con me, con te, con Sara, coi bambini, col suo dio...insomma non andiamo da loro e basta. E che facciamo, moriamo di freddo?
Già, alle diciannove e venti il servizio urgente te lo puoi scordare.
Andiamo in albergo. Io e te? Ci devo portare un'altra? Oppure lo vuoi tu un altro partner? Basta dirlo. Deficiente! E se ne va con l'andatura che aveva a venti anni. Solo per cinque metri però, perché le fa male un'anca. Visto?
In albergo non ci vengo. Ultime parole di Annamaria prima di cadere in una specie di catalessi. Prendo una coperta, gliela metto sulle spalle, infilo il giaccone e parto sparato. Garage...macchina in moto...macchina veloce sulla neve fresca e via a casa di Metin. Lui è turco, buon amico mio, anzi il mio miglior amico in Germany, lui risolve tutto.
Mezzora dopo rientro in casa con una stufa elettrica grande quanto una barca.
E quella che è? Stufa elettrica. Così grande? Stufa elettrica turca, per famiglie turche, numerose. Attacco la stufa, due minuti dopo si brucia. Abbassa quell'aggeggio, fa troppo caldo adesso.
La portiamo in salotto. Apro il divano letto. Dormiamo qui? Certo, rispondo, questa è la stanza più calda, anzi meno fredda della casa, perché è la più interna e riparata.
Un pochetto di TV tedesca su ARD; un pochetto di "Porta a porta" e s'è fatta l'ora di dormire.
Lei dorme. Io non ci riesco. Il mio lettone è più grande e più morbido. Questo è stretto e duro duro. Ma lei dorme. Allora mi riviene in mente una volta insieme io e lei in una baita nella zona delle Tre Cime. Come adesso sopra un letto che non era né il mio né il suo, già perché non eravamo ancora sposati e lei era ancora illibata. E ci rimase, perché io da bravo ragazzo non volevo distruggerle il sogno che faceva fin da piccola: mi aveva rivelato che sognava di sposare con un abito bianco. E allora? Allora l'abito bianco si porta da illibata. Pensa tu che idee. Ma come puoi distruggere un sogno alla donna che ami? Così quella notte non avevo dormito. Avevo cercato di pensare a tante cose per non pensare a quella cosa. E non potevo mostrarle il sedere, perché mi sembrava brutto, ma nemmeno potevo mostrarle la faccia perché si muoveva tutta e mi avrebbe fatto star malissimo. Così rimasi supino, come un vescovo panciuto. Come rimango supino adesso perché il divano è troppo duro e come mi muovo mi faccio male, e poi forse lei si sveglia.
Sono arrivati tutti insieme questa mattina alle 7,30 il servizio di urgenza!! e i due tecnici della caldaia. A mezzogiorno era tutto a posto. Solo alle quattro l'appartamento era sufficientemente caldo da poter riprendere possesso del mio PC. E l'ho fatto.

1 commento:

  1. BRAVO, BRAVO, BRAVO! Speriamo che il tuo libro sia scritto così, altrimenti guai a te! Che ridere!

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